Il Gruppo è stato creato nel 2012 da ex appartenenti a brigate islamiste che avevano combattuto Gheddafi nel 2011. Come spiega Dario Cristiani
per ISPI, questo gruppo è attivo soprattutto nella zona di Bengasi e
della Cirenaica e combatte contro il tentativo delle truppe fedeli ad
Haftar di riconquistare questi territori. È un'organizzazione islamista
che opera sia come un classico gruppo terroristico (è accusata
dell’omicidio dell’ambasciatore Usa Christopher Stevens) sia tramite
assistenza territoriale in sostituzione dello stato libico assente.
Eppure non mancano gli indizi di una collaborazione tra Ansar Al Sharia e
i gruppi più importanti del terrorismo internazionale. Come spiega Mawassi Lahcen dopo
la rottura tra i gruppi di Al Qaeda e l’IS, Al Baghdadi sta cercando di
convincere Ansar-Al Sharia a giurare fedeltà al “Califfato”.
L’obiettivo è di ottenere un alleato anche in questo territorio, dopo
che lo scontro con Al Zawairi ha determinato un allontanamento di
Al-Qaeda nel Maghreb dallo Stato Islamico. Ci sono segnali che una
limitata collaborazione tra i militanti di IS e Ansar Al Sharia sia già
iniziata, nonostante manchi l’approvazione ufficiale dei leader. Sembra
che la brigata Al-Battar,
composta completamente da ex combattenti libici in IS, stia già
operando nella città libica Derna. Questa città è storicamente una delle
roccaforti di Ansar Al Sharia e perciò la presenza di questi
combattenti “di ritorno” non può che destare più di qualche
preoccupazione sui legami tra questo gruppo e l’IS.
La Francia verso un nuovo intervento in Libia?
Intervenendo alle Nazioni Unite il ministro degli esteri francese Laurent Fabius
ha accennato alla necessità di risolvere militarmente la minaccia
jihadista nell’est e nel sud della Libia. Fabius ha dichiarato che
questi gruppi non potranno essere neutralizzati solamente attraverso il
processo di riconciliazione nazionale ma che è realistico pensare ad un
intervento. Pochi giorni prima il ministro della Difesa francese Jean-Yves Le Drian
era stato ancora più esplicito parlando della necessità di un
intervento armato contro le forze terroristiche. L’Italia, pur
evidenziando ad ogni occasione internazionale la necessità di una azione
coordinata in Libia da parte della comunità internazionale, non ha mai
menzionato un’azione militare, limitandosi a richieste di azioni
politiche. Renzi ieri ha invitato l’assemblea Onu “a sostenere con
determinazione l’avvio di un processo di riconciliazione nazionale,
inclusivo e consensuale”.
Che tipologia di intervento?
Alcuni analisti internazionali esperti di Libia si limitano a
consigliare un intervento di carattere politico nel paese. Frederick
Wehrey del Carnegie Endowment for International Peace
pone l’enfasi sulla necessità di implementare un piano concordato con
gli attori regionali per una transizione pacifica e di continuare la
collaborazione con il governo riconosciuto sull’addestramento di forze
militari. Altri hanno pensato ad un intervento militare finalizzato però
a contenere e limitare gli scontri tra fazioni. Karim Mezran dell’Atlantic Council
sottolinea come l’intervento esterno, sia esso politico o militare,
dovrebbe avere una caratterizzazione di neutralità e la finalità di una
riconciliazione inclusiva. Wolfgang Pusztai,
analista austriaco ed ex-attaché militare in Libia, ha delineato per
ISPI l’opportunità e le caratteristiche che potrebbe avere un intervento
di peacekeeping nel paese.
Nessun commento:
Posta un commento