La Turchia interviene in Siria: quale sarà il bersaglio?
Sorgono dubbi sull'intervento militare turco in Siria e sul suo eventuale obiettivo: il regime o Daish?
Due giorni fa il parlamento turco ha approvato una mozione che
autorizza il governo di Ankara a dispiegare truppe in Paesi stranieri e
alle forze armate straniere di dispiegarsi su territorio turco. È più
probabile che il governo intenda quest’autorizzazione per provare il suo
legame indistruttibile con l’alleanza occidentale e per servire da
deterrente per combattere, piuttosto che una scusa per violare la
sovranità siriana.
Il primo ministro turco Ahmet Davutoglu ha dichiarato che il
presidente siriano Bashar al-Assad rimane la prima minaccia alla
sicurezza nazionale. Eppure questo è in diretto contrasto con la
missione della coalizione contro Daish (conosciuto in Occidente come
ISIS) guidata dagli Stati Uniti.
“La distruzione causata dagli attacchi del regime siriano diventa
sempre più grave. La sua politica aggressiva continua a prendere di mira
il nostro Paese”, recita il testo della mozione parlamentare. È ovvio
che la motivazione centrale di questa mozione si concentra sul regime
Assad e su come esso costituisca una minaccia per la Turchia e per la
stabilità regionale.
Tuttavia, l’ex ambasciatore Faruk Logoglu, membro del principale
partito di opposizione turco (il Partito Repubblicano Popolare, CHP)
durante la sessione del 2 ottobre aveva avvertito che “se questa mozione
verrà approvata, la Turchia diventerà il Paese pirata della regione”.
Logoglu ha sostenuto che, a partire dal 2011, le politiche turche hanno
interferito con la sovranità siriana minacciandone l’integrità
territoriale, sottolineando che la Turchia dovrebbe mettere al primo
posto l’integrità territoriale di Iraq e Siria in ogni sua mossa.
Sebbene la mozione del governo citi le Risoluzioni 2170 e 2178 del
Consiglio di Sicurezza dell’ONU, nessuna delle due risoluzioni è diretta
al regime Assad. Entrambe le risoluzioni fanno appello alla comunità
internazionale affinché rispetti l’integrità territoriale siriana e
prenda tutti i provvedimenti per evitare che combattenti stranieri
penetrino in Siria per condurre attività terroristiche.
Nonostante la smentita del governo turco, la comunità internazionale
avverte che sia il presidente Erdogan che il premier Davutoglu hanno
cambiato direzione – all’ultimo momento – quando questi combattenti
stranieri hanno liberamente attraversato il confine turco-siriano,
peggiorando una situazione già grave.
Sebbene la NATO abbia dichiarato che l’alleanza non lascerà sola la
Turchia, nella sua dichiarazione dello scorso 5 settembre al Summit in
Galles (nello specifico, i paragrafi dal 35 al 37) afferma di essere
pronta a fornire assistenza al governo iracheno su richiesta. Eppure il
governo iracheno non ha chiesto un simile aiuto – non ancora. In poche
parole, nessuna risoluzione NATO o ONU rende legittima una qualsiasi
azione militare in questi Paesi.
Diversi ufficiali militari turchi in pensione hanno identificato le
sfide che la Turchia si prepara ad affrontare, tra cui quella di venire
considerata una potenza occupante senza l’approvazione degli USA. Gli ex
ufficiali hanno inoltre sottolineato che non importa quanto sia
sbagliata la politica sulla Siria di Erdogan e Davutoglu: il punto è che
la Turchia non può permettere a un terrore come quello di Daish di
prendere il controllo delle sue frontiere, in quanto questo non fa che
aumentare le possibilità di uno scontro.
Molti nei circoli di Ankara invitano alla prudenza, benché si
continui a ragionare sul tempismo di una tale azione. Intanto, il
generale John Allen, l’inviato di Obama alla coalizione globale
anti-Daish, visiterà Ankara a breve: questo potrebbe essere il punto
decisivo per plasmare il piano d’azione turco dei prossimi giorni.
Source: Al-Monitor
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